Monsignor Alfredo Canal, scomparso lo scorso 1° febbraio a 86 anni, sacerdote, teologo (laurea in filosofia a Bologna e in teologia a Monaco), musicista (diploma di Conservatorio in pianoforte e organo), da sempre impegnato solo nell'attività culturale-didattica, oltre che pastorale (ma non è mai stato parroco), ha diretto per anni i corsi di teologia per laici, ha tenuto innumerevoli conferenze per il Centro di Cultura dell'Università Cattolica ma anche per altre associazioni, culturali e sociali, è stato direttore dell'Istituto di scienze religiose di Bolzano e docente di teologia dogmatica fino al 2002.
Teologo e metafisico (per anni aveva insegnato filosofia e storia nei licei, poi aveva insegnato religione), era soprattutto un docente appassionato: "socratico" perché preferiva la predicazione e l'azione didattica (lezione e conferenza allo stesso modo) al testo scritto, su cui il dialogo sarebbe più difficile, è sempre stato attentissimo al dialogo con i"non credenti"e ai "credenti in altro".
Aveva parlato molte volte al Rotary Club e al Lions Club, dove soprattutto il primo è anche statutariamente emanazione della cultura massonica, spesso non tanto"anticlericale" quanto avversa a una cultura cattolica e cristiana, seppure con varie contraddizioni.
Sapeva parlare con semplicità e capacità di coinvolgimento emotivo e "visivo" di temi difficili quali quelli affrontati dalla teologia dogmatica. Così, per il dogma trinitario, soleva ricordare il verso dantesco"tre anelli in una continenza" (o "contenenza"in altre lezioni).
Quando era necessario, ricorreva alla polemica, ma ciò non lo portò mai a togliere il rispetto dell'avversario/per l'avversario. Anti-comunista (ma soprattutto anti-stalinista) deciso, era uno dei pochissimi prelati in ambito veneto-trentino (e non solo in Alto Adige) a sapere parlare con i comunisti, anche quando la dicotomia, in epoca di guerra fredda, era decisiva e decisa.
Fine quanto appassionato ragionatore, capace di mettere in "difficoltà" anche contraddittori molto preparati, sapeva sempre "fermarsi al momento giusto" (e al punto giusto, aggiungerei) appunto per il rispetto dell''altro. In disaccordo con le correnti radicali della teologia della liberazione (Belo, Porfiro Miranda, etc.) ne riconosceva però i meriti complessivi e di fondo. Era stato fin da sempre uomo di pace, riconoscendo l'errore di fondo già fin dalla prima guerra del Golfo (1991), citando per radio l'espressione tacitiana, fortemente paratattica quanto incisiva: "Fecerunt desertum, appellaverunt pacem".
Non certo un "eretico" né un "contestatore" era però critico della gerarchia ecclesiastica quando necessario, richiamando l'impegno rivolto da Papa Paolo VI alla Chiesa, obbligata a "dare di sé un'immagine più meditata". Ecclesia mater e magistra sì, per Monsignor Canal, ma anche necessitata a rileggere continuamente la necessità di una riforma nel modo di presentare la Parola di Dio.
Anche verso il cattolicesimo politico (leggi DC) era stato critico, in particolare dopo la vicenda di "Mani pulite", con dichiarazioni anche pubbliche molto coraggiose, anche se non fu mai "anti-democristiano", ma, appunto, attento a distinguere (a qualche dirigente della DC aveva rivolto un caldo invito, pubblico, a "documentarsi in teologia, a studiarla").
Nel sociale, anche a qualche tossicomane e"disperato" per altri motivi non aveva mai negato neppure un piccolo aiuto economico (per oltre l'elemosina!) senza chiedergli nulla a livello di conversione o altro. Interessato al sociale, alla religione come fenomeno sociale, era ben lontano da posizioni quali quella del "Movimento per il rinnovamento dello Spirito", leggasi "Carismatici", ma non rifiutò mai, gratuitamente, di tenere conferenze per tale movimento ecclesiale. Idem per altri movimenti ecclesiali, quali "Comunione e liberazione".
Uomo del dialogo ecumenico e inter-religioso sempre, era anche una persona colta, coerente, umana, capace anche di dire un "no"quando lo riteneva necessario. Didatticamente e retoricamente dotato, sapeva usare in modo sempre opportuno tali strumenti; ogni sua omelia era anche fonte e espressione di cultura religiosa, non invece di "proselitismo".
(Eugen Galasso)